…I NOVE COLLI…

3 Ottobre 2021 at 14:28

Sottotitolo: VALE TUTTO anche 8 colli arrancati più uno col binocolo.

 

Voglio raccontare la storia di una partenza a settembre che è poi un arrivederci all’arrivo di maggio.

Si sa che per partire bisogna per forza lasciare. Gianluca e Marco hanno obbedito al mio invito: “ lascia la tua comfort zone” (in italiano: “ alzati dal divano”).

Non ci siamo fatti mancare il via ufficiale dato da Castagnoli a Cesenatico. È stato piacevolissimo incontrarlo e vederlo commosso per la gratitudine a lui rivolta e per l’amore manifestato alla sua creatura. Al suo “pronti via” saliamo in auto e neanche troppo comodamente (siamo in 5 con borse sulle gambe), ci portiamo, non senza sbagliare strada, al campo base del Polenta.

Non potevamo rendere la poesia dei primi 20 km, fatta di 200 persone in gruppo, di risate forzate, condivisione di paure, sogni, tensioni………

Noi partiamo avendo già lasciato dietro tutto questo, dal punto in cui si fa da soli. Dove inspirando chiudiamo gli occhi, chiediamo un aiuto al Cielo e mentre espiriamo ci rendiamo conto che Lui è occupato in cose più importanti e il percorso diventa solitudine o processione in piccoli gruppi.

Sarebbe stato un sacrilegio fare i primi 20 km. Un po’ come andare in un ristorante pluristellato, entrare in cucina a farci un uovo sodo, consumarlo in sala e ordinare poi solo un caffè.

So che alcuni stanno pensando alla volpe e all’uva, la favola che mi è sempre stata di riferimento. Sono bravo a vendere scuse. È una dote che avevo già a 20 anni, quando dicevo che avevo rifiutato di fare il fotomodello perchè non volevo vendere il mio corpo. Per questo avevo scelto di fare il camionista.

Non farò una cronaca noiosa fatta di km, di risate, di sfottò, lamenti, imprecazioni, scricchiolii di ginocchia, sudore, vento tra i capelli (a Marco glielo raccontavamo) e venti meno nobili. Non tutti hanno tempo da perdere. C’è chi deve ancora produrre.

Solo pochi flash che facciano capire quanto fosse illogico sognare di fare tutto il percorso, ma quanta intensità emotiva zampillava da quell’asfalto.

Quando Gianluca vede il mio tatuaggio commenta: “ che belle gambe, neanche un pelo”. Bene. È sul pezzo. Lui affronta di petto le sue paure e in poco tempo si lascia alle spalle il Polenta. Sembra un bambino che abbia finito di gustare piano piano il suo lecca lecca e ne chiede subito un altro. INGORDO! Ha già cambiato l’approccio: i colli non li affronta più, ma li ama.

I lunghi km per arrivare ai piedi del Pieve di Rivoschio lo fanno andare quasi in crisi di astinenza. Quanto è bello corrergli a fianco vedendo scorrere oltre il suo bel profilo greco verdeggianti colline, vigne, alberi…. Bastano poche faticose curve del Rivoschio a gelare la focosità sportiva e risvegliare la nostra sensibilità alla bellezza. Ci viene naturale fermarci a decantare il panorama, le colline pericolosamente arate, le rocce… Immobili, diventa poesia profumata anche il fetore delle stalle. Alla faccia di quelli che ci pensano in grado solo di decantare il vino. Non sanno di quanti sonetti siamo capaci in quei momenti. Anche a Marco, notoriamente parco di parole, scappa un “che bello!!!”.

Mentre tranquilli scorriamo l’altopiano di Pieve, come nel più classico dei western, improvvisi e vigliacchi gli indiani (scusate: i crampi) attaccano alle spalle Gianluca. I colli gli fanno ritrovare le dimenticate piaghe. Rifiuta i maldestri tentativi di aiuto dei compagni che potrebbero stroncargli la carriera. Stringe i denti e prosegue sorvegliandoli come vigilati speciali. Osservo benevolo il suo procedere barcollante e doloroso, come un nonno i primi passi del nipotino. È un essere vivente e un po’ mi piange il cuore vederlo soffrire così. Probabilmente vorrebbe stare solo col suo dolore e mettere a zero il volume del mio bla bla bla. Come si sa però, le sventure non arrivano mai da sole. Non gli resta che rispondere bla bla bla.

Ormai, a essere poetici, il nostro procedere non ha più del torrente impetuoso, ma dello stagno. Se vi piace il movimento metteteci 3 libellule che a stento si fanno largo tra le zanzare. Mentre saliamo il Ciola, Gianluca ha la tentazione di deviare verso il Monte Calvario per soffrire meno.

 

Per stimolarli, cerco di usare invano il mio lato Bioscalin, facendo ondeggiare i capelli. Potrei spingerli avanti a calci nel sedere, ma non gioverebbe alla mia candidatura per la presidenza del movimento “La bontà conquisterà il mondo”.

L’assistenza dei supporter Angelo e Ambrogio è a dir poco eccellente, ma non ci fa perdere l’istinto di gustare gelati e caffè comodamente seduti ogni volta che si presenta l’occasione. Le tenebre prima del Barbotto ci avvolgono in questo quadretto.

Forse influenzato da macabri racconti, con questo buio e questa luna, Marco ha paura di stare vicino a noi e ci segue a distanza di sicurezza. Darei un soldino per i suoi pensieri, ma ho paura di scoprire che sono solo una litania di maledizioni. Neanche il tifo infuocato di alcune fans attempate scuote più di tanto il seminatore di cuori infranti.

La notte scorre lenta. Noi ancora più lenti. La nostra andatura non può spaventare due cerbiatti che ci mandano un saluto attraversando tranquilli la strada.

La luce ci trova ai piedi del Pugliano e ci accompagna gentile a colazionare. Il sole sorge con una domanda: ma come hanno fatto a fare tanta strada se sono sempre al bar?

Le gigantesche frane di San Leo e la maestosa aerea impalcatura posizionata per tentare di arginarle, sono una ulteriore scusa per affrontare da bradipi la discesa.

È bello, mentre gustiamo l’ennesimo gelato seduti ai piedi del passo del Grillo, commentare il passaggio dei ciclisti della 9 Colli. È bello, ma il tempo, anche senza cancelli, non si piega al nostro comodo passo…. e a casa ci aspettano.

Quando manca ormai poco alla fine della discesa del Grillo, ci scontriamo con una terribile sorpresa. Degli aguzzini fanno deviare a destra, su un muro a vista di un km. È molto bello vedere inerpicarsi i ciclisti, ma io non voglio salire quella strada lastricata di imprecazioni. Io sono per la tradizione e obbligo Marco, ormai diventato un fagotto umano, a seguirmi per il sentiero noto. È titubante, ma non mi sembra dispiaciuto. Spero che la spaventosa variante non venga inserita per noi podisti l’anno prossimo. Diventerebbe una 10 Colli camuffata da 9.

A Ponte Uso capiamo che di acciacchi ne abbiamo già raccolti tanti e conviene caricarli con noi sulla macchina di supporto che ci tenta ormai da molto tempo. Il Gorolo non sembra offendersi.

Volevo liberare dal superfluo Marco e Gianluca per scoprire la loro essenza. Su questo ho mancato, visto che non abbiamo perso neanche un etto.

Avrei voluto essere la Fata Turchina. Ma coi capelli sudati, gli occhi gonfi per la notte insonne, le rughe di fatica, il profumo del vero uomo, mi sono sentito come la Strega di Biancaneve. Ho dato loro un assaggio della 9 Colli con l’obiettivo di farli innamorare (non di me, ma della 9 Colli).

 

……………obiettivo raggiunto?

 

P.S. scusatemi. Non riesco più a essere breve, anche se mi sembra di tagliare tanto

Maurizio